Ciao!

Oggi voglio spiegarti la tecnica del respiro quadrato (sama vritti prāṇāyāma), introducendo sia la sua pratica sia il perché venga usato!

Prima di tutto ti introduco al concetto di prāṇāyāma. Questo è uno delle otto braccia dello Yoga (l’Ashtanga Yoga di cui parla Patanjali negli Yoga Sūtra) e consta di tutte quelle tecniche di controllo del respiro che vengono operate coscientemente dal praticante. Le sue tecniche differenziate sono alla base della pratica Yoga e mirano in generale a consentire l’accumulo e l’utilizzo del prana (energia vitale), in particolare, a seconda del tipo di prāṇāyāma praticato, portano a specifici risultati. Di base colui che effettua un esercizio di prāṇāyāma prolunga volontariamente la durata delle fasi del respiro (ayama vuole dire controllo, espansione).

Erroneamente pensiamo che i momenti del respiro siano due, l’inspirazione (puraka) e l’espirazione (rechaka), ma fra questi due esiste sempre un momento di sospensione, la maggior parte delle volte operato inconsciamente e della durata di un millesimo di secondo. Il prāṇāyāma porta l’attenzione del praticante anche sui momenti di trattenimento del respiro (kumbhaka), sia a polmoni pieni (antara), dopo l’inspirazione, che a polmoni vuoti (bahya), dopo l’espirazione. Mentre l’inalazione corrisponde ad un’azione nella quale riceviamo energia attraverso il respiro, stimolando il corpo, e l’esalazione al liberarsi dalle tossine, i momenti di ritenzione sono quelli in cui o distribuiamo questa energia e ne assaporiamo veramente la pienezza o percepiamo la completa liberazione dagli scarti. Una cosa è certa: qualsiasi tipo di kumbhaka sia, si prova la sospensione dei sensi. Questi momenti di ritenzione del respiro vanno presi con coscienza e controllo (soprattutto a polmoni pieni, che in alcuni soggetti può portare qualche piccolo fastidio).

Lavorare sul trattenimento del respiro permette anche di attivare i bandha, dei veri e propri sigilli che si praticano attraverso la contrazione di alcuni muscoli per mantenere il più possibile all’interno del corpo il prana ed evitarne la dispersione. Esistono tre bhanda, e ciascuno di essi massaggia, stimola e influenza muscoli, organi, ghiandole e nervi relativi ad un’area specifica. Il mula bhanda si attiva contrendo la regione perianale, portando il basso addome verso la colonna vertebrale, come se fosse un magnete attirato dal metallo. Questo bhanda si attiva anche durante la pratica fisica, perché sostiene la postura proteggendo l’arco lombare (oltre a portare enormi benefici poiché stimola i nervi pelvici e tonifica l’apparato urogenitale ed escretorio). Jalandhara bhanda è il sigillo della gola che va a controllare il flusso del sangue nel cuore e nella testa, e si attiva deglutendo per serrare la glottide e piegando leggermente il capo affinché il mento prema sulla cavità sopra lo sterno. Il suo utilizzo porta a non dissipare l’energia e la costringe a passare dal canale centrale sushumna (per maggiori informazioni cerca l’articolo di Martina sul Sistema Sottile). Infine uddiyana bandha, forse il più difficile, che si pratica durante antara kumbhaka attraverso una profonda contrazione addominale: a polmoni vuoti si simula un’inspirazione toracica dilatando le costole, così da sollevare il diaframma che dà spazio al ventre di ritrarsi. In questo modo gli organi dell’addome vengono “tirati” verso l’alto, si tonificano i muscoli del cuore, si attiva il “fuoco” gastrico e si favorisce l’eliminazione delle tossine.

 

Le tecniche di controllo del prāṇāyāma portano ad un ulteriore beneficio, quello di respirare profondamente attivando il muscolo diaframmatico e quindi di prendere coscienza della vera capacità dei nostri polmoni. La fame d’aria che ogni tanto sentiamo (in un momento di ansia o di stress, oppure durante l’attività fisica) ci porta a delle respirazioni brevi che si concentrano nella zona toracica: è approfondendo il respiro e governando il diaframma che portiamo più ossigeno al corpo e calmiamo il cuore, quindi la mente. Inoltre controllando consapevolmente la respirazione andiamo a trasferire la sede di questa funzione dai centri respiratori, situati nel midollo allungato e nel ponte, parti primitive del nostro cervello, ai lobi frontali, dove risiede la nostra coscienza. Ergo, controllare il respiro porta consapevolezza!

Torniamo ora alla tecnica che voglio proporti attraverso il video. Sama significa “uguale”, vritti “movimento” o “fluttuazione della mente”, di conseguenza sama vritti prāṇāyāma si potrebbe tradurre come “respiro in cui tutte le fasi sono di uguale durata” e che “stabilizza le fluttuazioni della mente”. Più semplicemente ci possiamo riferire a questa pratica come “tecnica del respiro quadrato”, perché come in un quadrato che ha uguali lati, tutti i momenti della respirazione hanno uguale durata. Poiché sono contemplati i momenti di ritenzione a polmoni pieni e vuoti, che va fatta con controllo e che garantisce un momento di sospensione dei sensi, possiamo analizzare uno dei benefici di questa tecnica: la concentrazione rispetto a quello che si sta facendo limita le fluttuazioni della mente.

Per praticare questo prāṇāyāma ti consiglio di chiudere gli occhi per poterti concentrare. Personalmente trovo molto utile disegnare nella mente un quadrato e seguirne il perimetro dei quattro lati, attribuendo a ciascun lato una fase specifica (dal vertice in basso a sinistra a quello in alto a sinistra: inspirazione; dall’alto a sinistra all’alto a destra: ritenzione a polmoni pieni; dall’alto a destra al basso a destra: espirazione; dal basso a destra al basso a sinistra: ritenzione a polmoni vuoti). Tuttavia immaginare un quadrato e mantenerlo a mente potrebbe essere difficile, pertanto per le prime pratiche puoi disegnarne uno su un foglio e seguire con gli occhi il percorso sul perimetro (puoi usare anche l’immagine che ho messo in questo articolo!). Un’altra cosa importante è contare il tempo di ogni momento cercando il più possibile di mantenerlo uguale agli altri. Ovviamente più sarà lunga la durata, maggiore sarà il controllo, perciò nelle prime pratiche ti consiglio di esercitarti con un intervallo di tempo che non ti sforzi troppo (per esempio 4 secondi). Ti assicuro che praticando regolarmente questo prāṇāyāma sarai più cosciente della capacità dei tuoi polmoni (in cui spesso facciamo entrare pochissima aria) e delle fasi del respiro, e potrai padroneggiare tempi più lunghi.

Se questa è una giornata particolarmente stressante, apri la playlist di musiche rilassanti che ho selezionato per te e prova a praticare questo prāṇāyāma!

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