Nella pratica fisica dello Yoga esiste un gruppo di āsana definite, in sanscrito, dal nome Virabhadra, nome proprio di un potente guerriero nato, nella mitologia, da un ciocca di capelli che Shiva gettò a terra perché devastato dalla morte della moglie Sati. Il racconto descrive come il Dio avesse ordinato a questo eroico combattente di vendicare la morte della moglie. I tre diversi āsana rappresentano i tre diversi momenti dello scontro: Vīrabhadrāsana I è l’arrivo del guerriero sul campo di battaglia, con i piedi ben piantati in terra da cui trae la forza, con le spade (o lance) in entrambe le mani; Vīrabhadrāsana II rappresenta il momento in cui il guerriero vede il suo avversario e non distoglie lo sguardo dal suo obiettivo; Vīrabhadrāsana III è lo slancio per portare a segno il colpo e sconfiggere il nemico.

Inserire in un vinyāsa o in una pratica più statica uno o più di questi āsana porta il focus del praticante sulla forza, la stabilità, l’offerta del petto al cielo come espressione di coraggio, la fermezza dello sguardo come presa di posizione nei confronti di una decisione, la risolutezza verso un obiettivo che ci si è posti, lasciando quindi che il corpo sia veicolo di sensazioni sul modo di stare e di sentirsi, di concentrare l’energia in un atteggiamento che la posizione suggerisce. Colui che abita Vīrabhadrāsana I sentirà la connessione con questo particolare stato del guerriero, rivolgendo le proprie braccia verso il cielo come a chiedere una benedizione per l’impresa.

Da qui potrebbe sorgere una domanda: ma lo Yoga dà veramente spazio ad un atteggiamento violento, da guerriero sanguinario? La risposta è no, ma va contestualizzata, partendo intanto dalla riflessione che forse non ci si riferisce alla figura di un guerriero pronto all’impresa, ma ad un eroe che ha appena concluso la sua battaglia. Un’ulteriore risposta è da ricercarsi nell’antico testo della Bhagavadgītā.

Questo canto celestiale o canto di Dio (traduzione letterale) è composto di circa 700 versi dall’importante contenuto religioso suddivisi in diciotto capitoli ed è custodito nel grande poema epico Mahābhārata. Per quanto se ne possa fare una lettura basata sul susseguirsi degli eventi, una lettura più approfondita fa emergere allegorie che si riferiscono profondamente alla via dello Yoga.

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