Con l’articolo di oggi voglio parlare di connessione. Mi rendo conto che l’argomento sia terribilmente ampio e non so se lo porterò avanti in maniera soddisfacente, ma ho deciso di trattarne perché la sua vastità viene affrontata sempre in maniera molto filosofica e complicata, poco umana. E’ indubbio il fatto che certi argomenti debbano essere trattati da e tra menti elevate e che il discorso si debba spostare su un piano più “accademico” proprio per la complessità che li caratterizza (basti pensare a Einstein che, davanti ad un auditorio di persone intrigate dalla sua teoria della relatività e che ne supplicavano una spiegazione, invece di darla suonò il suo violino rendendo tutti felici), ma la connessione è qualcosa che riguarda tutti e può essere indagata a livelli diversi di complessità.

L’altro giorno guardavo un documentario, My Octopus Teacher. Alla fine della visione sono entrata in un ciclo di pensieri: i documentari tendenzialmente, e prendendo spunto proprio dal nome che hanno, “documentano” alcuni fatti. Se sono documentari di denuncia ci sono spesso testimonianze che sulla base di documenti classificati raccolgono punti di vista intervistando esperti, ma se sono documentari sulla natura tendenzialmente troviamo delle riprese che testimoniano, quasi spiano, la vita degli animali. In questo documentario, in maniera molto umana, non si parla solo della vita di un polpo, ma di come questa vita entri in connessione con quella dell’uomo che la osserva e documenta (e che ne racconta le fasi), e di come per certi motivi questa connessione crei in quest’uomo dei cambiamenti nella propria vita. Da qui la scelta, credo, di nominare questo polpo “teacher”, maestro, perché in quel periodo di tempo ha insegnato qualcosa a quell’uomo, che in qualche modo ne ha tratto beneficio per la sua vita, iniziando un cambiamento. Questo mi ha portato a pensare che siamo parte della natura e che troppo spesso, come esseri umani, ce ne tiriamo fuori: sembra che tutto ci porti ad essere degli osservatori, ma noi partecipiamo alla natura, ne siamo frutto, agiamo in essa e entriamo in contatto con gli altri esseri sul pianeta. E’ come se per un lungo tempo ci fossimo tagliati fuori da questa verità e, a lungo andare, ne avessimo perso consapevolezza. Il documentario, in modo semplice, scava nel profondo e rimette in discussione il concetto di connessione a cui siamo abituati, di quanto ce ne sia bisogno e di come inaspettatamente si possa creare anche fra esseri biologicamente diversi. Questo è un fatto, e per quanto il montaggio delle riprese abbia una sequenzialità scelta in post produzione, o sia stata realizzata una colonna sonora ad hoc come commento emotivo efficace, quello che esce fuori da quelle immagini è profondamente reale e potente, e parla direttamente all’essere umano chiedendogli: di cosa hai veramente bisogno per essere?

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