E almeno una volta nella vita anche noi abbiamo pronunciato questa frase, verso noi stessi, per motivarci, o l’abbiamo detta a qualcun altro. Almeno una volta nella vita questa ci è stata detta e non si è limitata a ronzare alle nostre orecchie, ma è scesa giù, la sua eco ha risuonato in noi e ha innaffiato un piccolo seme, quello del dubbio rivolto a noi stessi. E così, in un tempo brevissimo, le sue radici si sono piantate nel nostro cuore e nel bel mezzo di una giornata piacevole con quel qualcuno che ha pronunciato quelle tre parole, ci ritroviamo spaesati, risentiti per una frasetta che ha suonato come un accordo stonato, quasi un consiglio non richiesto.
Anche se stiamo affrontando un viaggio dentro noi stessi, potrebbe capitare qualche momento in cui siamo più vulnerabili e qualcosa dall’esterno ci colpisca, ma prima di proseguire bisogna fare un’importante premessa che sta alla base della relazione: spesso le persone “trasferiscono” il loro stato d’animo, i pensieri, le aspettative sul loro interlocutore, e dicendo qualcosa ad alta voce a qualcun altro si stanno in realtà rivolgendo a loro stessi. Di conseguenza, quando si ascoltano le parole di qualcuno bisognerebbe fare distinzione tra chi ci parla intimamente e col cuore in mano e che senza nessun tornaconto vuole semplicemente vederci sereni e soddisfatti di quello che facciamo, e chi parla senza prestare realmente attenzione a quello che ci dice. Purtroppo e per fortuna, però, siamo esseri umani con emozioni e questo rende unica e particolare ogni situazione che ci si presenta, tanto che quello che ascoltiamo ha un peso diverso a seconda dello stato in cui siamo: alcune volte saremo sereni ed altre volte, magari per fragilità, qualcosa potrebbe scombussolarci, anche se ce lo dice qualcuno che non ci ha a cuore.
Facciamo un gioco di immaginazione, in una situazione completamente diversa: immaginiamo di essere in un momento della vita molto fragile. Ci incontriamo con qualcuno di veramente importante per noi, a cui importiamo, qualcuno a cui vogliamo bene e che ricambia questo affetto per noi. Ci confidiamo e parliamo di come, per motivi X, non riusciamo a dedicarci a quello che vorremmo fare, fino a che quella persona non pronuncia la fatidica frase “VOLERE E’ POTERE!”. Questa frase, per il fatto che in quel particolare momento ci sentiamo fragili, scatenerà dentro di noi una tempesta emotiva, che potrà avere due possibili sviluppi. Uno è la cosiddetta “quiete”: il nostro paesaggio interiore si rasserenerà dopo la tempesta, perché accetteremo che il nostro stato era un po’ suscettibile e che quella frase in quel momento ci aveva scombussolato, ma che tutto sommato va bene così, che il fatto che ancora non riusciamo a dedicarci a quello che realmente vogliamo avrà sicuramente un motivo, che possiamo rimboccarci le maniche per provare, da quel momento, a far sì che le cose accadano. Sostanzialmente perdoniamo noi stessi e ci dedichiamo alle nostre cose, e ringraziamo quasi che ci sia stato detto quel volere e potere perché in qualche modo ci ha sbloccato e ci ha permesso di ricentrare il focus verso noi stessi e quello che intimamente vogliamo. L’altro sviluppo si manifesterà invece come un vento che sibila e che continua costante, senza spegnersi: non riusciamo a perdonarci le distrazioni che ci portano lontano da quello che vogliamo e da chi veramente siamo, e questo ci porta ad essere insoddisfatti e rabbiosi verso quello che abbiamo fuori, incolpando quasi chi ci parla e ci dà consigli sentendoci punti sul vivo, continuando a non fare l’unica cosa che dovremmo davvero fare, ovvero fermarci, respirare e ripartire a piccoli passi, creando una maggiore confidenza con noi stessi.
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