Dopo un po’ che pratichiamo Yoga ci capita una cosa straordinaria: con la consapevolezza che cresce attraverso le diverse tecniche, dallo stare in un āsana al praticare un pāyāma, risvegliamo sempre di più la nostra attenzione sul nostro stare, sugli atteggiamenti fisici dovuti ad alcune abitudini, e prendiamo anche coscienza dei luoghi del corpo in si concentrano maggiormente alcuni blocchi fisici, dei veri e propri nodi che impediscono lo scorrere fluido del prana, e che sono diretta conseguenza del dormire male o prendere una cattiva postura a lavoro. E’ sorprendente rendersi conto che ogni cosa che facciamo con il corpo (consapevolmente o meno) e che va ad interessare una determinata zona si trasmetta come un’onda e vada a creare una risposta in una zona completamente diversa. Non dobbiamo mai scordare infatti che il corpo è un tutt’uno, e non suddiviso nelle parti che lo costituiscono, pertanto ogni azione ha una sua reazione: il sistema miofasciale connette tutto il corpo, e alcune tradizioni antiche si basano proprio su questa idea di un corpo unito (si pensi alla riflessologia plantare o al sistema dei meridiani nella medicina tradizionale cinese).

E’ ormai sdoganato il fatto che anche le emozioni determinino alcune posture nel corpo, prevalentemente inconsce. Si prenda ad esempio l’ansia, che porta la respirazione a livello del torace alto, minimizzando la capienza dei polmoni, e che provoca spesso il riflesso di serrare i denti: questo a lungo andare determina tensioni a livello cervicale che spesso sfociano in dolore e talvolta in una ridotta mobilità, interessando anche i trapezi e la parte alta delle scapole. Questo di cui parlo è forse il principe dei luoghi dove si accumula la tensione, e lo Yoga, attraverso āsana che fanno parte sia della famiglia dei piegamenti all’indietro che delle flessioni in avanti, mira molto a scaricarlo, cercandone una corretta attivazione muscolare che possa rinforzarlo e renderlo flessibile.

Un altro luogo in cui si accumula un’enorme quantità di tensione è il bacino e di conseguenza le anche.

Un bacino bloccato influisce fortemente sulla postura: questo luogo sacro deve essere libero di oscillare e muoversi in ogni direzione, per trovare il giusto allineamento e mantenere attiva l’intricata rete di fasci muscolari che lo compongono. Immaginiamolo come una coppa nella parte bassa del nostro tronco, che collega la parte superiore a quella inferiore e che, attraverso l’articolazione delle anche, mobilita le gambe. Gli organi vitali sono contenuti al suo interno e sostenuti dal pavimento pelvico, una vera e propria ragnatela di muscoli. Con la pratica yoga si rinforzano queste fasce muscolari, prevenendo eventuali movimenti scorretti e correggendo posizioni errate che possono essere determinate dal naturale atteggiamento di anteroversione (quando le ossa iliache ruotano verso il basso sull’articolazione dei femori, andando a creare un arco accentuato sulla zona lombare, che a lungo andare porta dolore). E’ di fondamentale importanza analizzare il mulha bhanda, uno dei tre sigilli (troverai un ulteriore approfondimento nell’articolo sul respiro quadrato). Questo bhanda si pratica in tutte le posizione dello Yoga, in particolare quelle che richiedono forza e concentrazione, e consiste nella contrazione del perineo, la zona che si trova fra genitali e ano (la sensazione è quella di trattenere la pipì). Questa attivazione porta il bacino in una retroversione (le creste iliache ruotano verso l’alto sulle articolazioni dei femori, portando il pube in avanti) che protegge così la colonna e tutela la zona lombare. Allenando questa zona si rende possibile la mobilità del bacino, che così può esprimere al meglio le sue potenzialità, e questo ci fa sentire automaticamente più liberi nel coordinare il nostro corpo: la libertà di movimento è libertà di pensiero.

Perché è così importante prendersi cura del nostro bacino?

Focalizziamoci sulla posizione in cui risiede: è al centro del nostro corpo ed è il fulcro del movimento e dell’equilibrio, oltre che della già citata postura e del corretto allineamento. E’ una zona in cui risiede un cervello molto antico, infatti in molti movimenti risponde al sistema nervoso periferico, che viene coinvolto nei momenti di stress emotivo per attuare meccanismi di sopravvivenza. Pensiamo alla risposta che il corpo cerca in un momento di ansia o paura: i riflessi istintivi del sistema simpatico attivano un flessione dei muscoli anteriori del corpo che lo portano a chiudersi, perché è in una posizione di chiusura che sentiamo protezione e ristabiliamo la calma (basti pensare al benessere che porta mettersi in posizione fetale). Questo movimento istintivo è governato dall’Ileo Psoas, un muscolo estremamente speciale e decisamente fondamentale. E’ situato nella regione lombo-iliaca e si estende fino alla regione anteriore della coscia: di fatto è il collegamento fra la colonna vertebrale e le gambe, quindi quello che ci permette di camminare (oltre ad un alta quantità di movimenti che coinvolgono le anche e la loro rotazione). Con la sua struttura poliarticolare stabilizza il nostro corpo e sostiene la struttura ossea, ma non è deputato solo a questa funzione di sostegno ed equilibrio: Liz Koch, educatrice somatica internazionale e ideatrice di Core Awareness, parla di questo muscolo come «composto di tessuto bio-intelligente che letteralmente incarna la nostra più profonda necessità di sopravvivenza e più profondamente il nostro desiderio di sviluppo». Va da sé che, se questo muscolo è contratto, manderà continui segnali di pericolo al sistema nervoso centrale, coinvolgendo a lungo andare le ghiandole surrenali e il sistema immunitario. Lo Psoas è inoltre collegato al diaframma dal tessuto connettivo, deputato alle funzioni del respiro e di risposta alla paura perché comunica direttamente con il cervello rettile, la zona più antica del nostro tronco encefalico: gli impulsi nervosi raggiungono quindi lo psoas e il diaframma, che rispondono con una reazione immediata a seconda dell’impulso. Sempre Liz Koch dice: «Sintonizzarsi sullo Psoas con consapevolezza, piuttosto che usare tecniche invasive o approcci di rilassamento manuale, permetterà alla persona di ottenere uno stato di calma, interezza e potenziamento». Le tradizioni orientali lo avevano denominato muscolo dell’anima, definendolo come un importante centro d’energia del corpo e non a caso lo Yoga, attraverso il controllo del respiro e molti āsana allena l’Ileo Psoas e di conseguenza libera le anche e il bacino.

Il nostro bacino è quindi la culla delle emozioni e lo stato in cui si trova è una diretta conseguenza del nostro equilibrio psicologico. Prendersene cura è fondamentale!

A conclusione voglio aggiungere che la zona del bacino è, sempre nello Yoga, il luogo di due importanti centri energetici: muladhara chakra (il chakra della radice, di colore rosso brillante) e svadisthana chakra (il chakra legato alla creatività, di colore arancione). Inoltre alla base del coccige, secondo alcune chiavi di lettura, risiede addormentato il serpente della Kundalini, l’energia creativa inespressa, che risvegliandosi salirà lungo il canale centrale e raggiungerà il settimo chakra, per poi svettare verso il cielo. Praticando āsana che lavorano l’apertura del bacino e attivando il mulha bandha andiamo a stimolare l’apertura di questi due punti, il primo situato qualche centimetro all’interno nella zona del perineo, il secondo all’altezza dei genitali, qualche centimetro sotto l’ombelico. Se è presente un blocco del bacino, è evidente che ce ne sarà uno a livello più sottile e a livello energetico.

Per noi occidentali, che spesso per cultura mortifichiamo questa zona del corpo caricandola di tabù (ricordiamo che è legata al piacere sessuale, alla riproduzione, alle funzioni escretorie) e la andiamo a bloccare, praticare gli āsana che allineano il bacino, lo mobilizzano, che aprono le anche e rafforzano il nostro muscolo dell’anima ci farà godere di benefici fisici e mentali, restituendo la possibilità di esprimere l’intero potenziale cinetico del nostro corpo, data la grande forza dei muscoli che sorreggono questa zona. Inoltre, per il principio di cui parlavamo prima secondo cui il corpo è un tutt’uno, a livello fisico non ne beneficerà solo la zona interessata, ma realmente tutta nostra struttura.

Vi aspetto sul tappetino per riscoprire la mobilità e innamorarci perdutamente delle nostre anche!

 

 

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